sabato 13 febbraio 2016

Dylandogge: Color Fest 16 - Tre passi nel delirio

Partiamo da questo presupposto: un buon wannabe legge Dylan Dog. Spesso però se ne lamenta come se non ci fosse un domani, perché lui è un lettore navigato, esperto, ma soprattutto informato. Io invece ho iniziato a leggere Dylan da circa un annetto, precisamente dal numero 337, vi lascio immaginare la mia conoscenza del personaggio. Però ho imparato ad apprezzarlo, anzi, a dirla tutta ho iniziato ad avvicinarmi al fumetto seriale italiano proprio grazie all'indagatore dell'incubo.

I Color Fest sono un'ottima possibilità per noi lettori gggiovani di poter apprezzare questo personaggio pur non sapendo quanti peli ha sul pube. Le storie sono sperimentali, non sono quindi scritte e disegnate con lo stile che contraddistingue gli albi di Dylan Dog, per non parlare del fatto che sono una vetrina fantastica per artisti incredibili.

Questo albo in particolare, il numero sedici, uscito lo scorso 9 febbraio, mi ha decisamente colpito. Questo è il terzo Color Fest che compro, quindi a rigore di logica sono un assiduo lettore di questa testata e posso sentirmi colpito, ecco.
La prima storia è scritta e disegnata da Ausonia, un'artista che da buon wannabe non conoscevo affatto, ma che grazie a Bonelli cercherò di approfondire. 
Sir Bone – Abiti su misura è a mani basse la mia storia preferita di questo numero sedici, non solo grazie ai disegni e ai colori, ma soprattutto per la sceneggiatura. Lo stile grottesco che entra in gioco fin dalle prime tavole è sublime. Non so cosa darei per poter partorire storie macabre come questa di Ausonia, sul serio non lo so.

Non è solo però una questione d'orrore. Sir Bone è una storia profonda, che fa riflettere. Forse è
questa la ricetta per le buone storie: riuscire a coinvolgere il lettore anche dopo la lettura.
È difficile indossare i propri abiti tutti i giorni, ovviamente non parlo di una semplice giacca o di una bella camicia. Dover essere se stessi tutti i giorni è un'ardua impresa, ma è uno sporco lavoro che solo noi stessi possiamo svolgere, quindi ci tocca coprire la nostra brutta pellaccia con un'armatura invisibile, spesso putrida e malandata, e sopravvivere.

La seconda storia mi è sì piaciuta, ma non quanto la prima, forse perché non sono riuscito a capirla appieno. Forse delle tre è quella che mi è piaciuta meno, ciononostante resta un'ottima storia.
Grick Grick è scritta, disegnata e colorata da Marco Galli, e sempre perché io sono un tipo informato, prima di leggere questa storia non avevo la ben che minima idea di chi fosse.
La storia ha un tono più leggero di Sir Bone, ma con l'avanzare delle tavole questa mia affermazione verrà pian piano smentita, anche perché il demone protagonista della storia inizia a inquietare e non poco.
Io vorrei davvero poter dire di più sui disegni, mi piacerebbe un casino, ma non sono affatto nella posizione di poter scrivere pipponi sulla scelta del colore o su la fantomatica prospettiva. Posso dire che però ho preferito Sir Bone anche per le inquadrature scelte da Ausonia, non sempre scontate, mentre Grick Grick mi è sembrata un pochino più canonica per quanto riguarda la “regia” delle tavole. Voglio puntualizzare che lo dico da ignorantone, quello che so sull'inquadratura l'ho imparato da qualche libro leggiucchiato e da blog di sceneggiatori generosi.

La terza e ultima storia invece è un misto tra le prime due. Mi riferisco alla sperimentalità (non hoAka B e se sapessi disegnare bene almeno la metà di come fa lui, sarei sul webbe con la mia pagina facebook a spammare storie a fumetti, sicuramente non qui a far finta di saper scrivere.
trovato una parola migliore) e non ai contenuti. Quello che colpisce a primo impatto sono sicuramente i disegni, parecchio diversi dalle prime due storie. Sono sicuro che il wannabe medio avrà pensato “guarda sta merda, mo vado a disegnarle anche io ste due fregnacciate e finisco su Dylandogge”. NO. Ho amato i disegni di
Il titolo è l'apoteosi della sintesi: Claustrophobia. Vorrei saper dire di più, ma il titolo dice già tutto.

Il titolo e la scelta di tre storie è un vero e proprio colpo di classe, la cosiddetta ciliegina sulla torta..
Tre passi nel delirio è anche il titolo di un film a più mani del 1968, diretto da Louis Malle, Roger Vadim e da nientepopodimeno che Federico Fellini, suddiviso appunto in 3 episodi liberamente ispirati a racconti di Edgar Allan Poe. Insomma il massimo. Correte a comprarlo! (No, purtroppo la Bonelli non mi paga...).

4 commenti:

  1. Grazie per aver condiviso le tue opinioni a riguardo, mi hai fatto venir voglia di andare in fumetteria a prenderlo :)
    Continua così!

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    1. Ciao Dana! Grazie mille per il commento! Mi fa piacere che ti sia venuta voglia di andarlo a comprare, lo trovi anche in edicola comunque.

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  2. Non ho mai guardato chi fossero gli autori di testi e disegni. Il vantaggio è di non esser prevenuti nella lettura, di contro non sono in grado di argomentare su nessun autore/disegnatore :D
    Sul Color Fest le 3 storie le ho trovate carine, anche se niente di eccezionale; per i disegni, mi è piaciuto molto lo stile della prima storie e non mi è piaciuto per niente quello della seconda.

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    1. I disegni della prima storia sono semplicemente fantastici. Anche io ho trovato la seconda non all'altezza della prima e della terza, ma è da considerarsi una sorta di intermezzo.
      Io invece sono molto legato al nome degli autori, anche perché un giorno se riuscissi a pubblicare qualcosa per qualche personaggio mi piacerebbe molto che il lettore sapesse chi sono, ma questa è una mia fissazione :D

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