Partiamo da questo presupposto: un buon
wannabe legge Dylan Dog. Spesso però se ne lamenta come se non ci
fosse un domani, perché lui è un lettore navigato, esperto, ma
soprattutto informato. Io invece ho iniziato a leggere Dylan da circa
un annetto, precisamente dal numero 337, vi lascio immaginare la mia
conoscenza del personaggio. Però ho imparato ad apprezzarlo, anzi, a
dirla tutta ho iniziato ad avvicinarmi al fumetto seriale italiano
proprio grazie all'indagatore dell'incubo.
I Color Fest sono un'ottima possibilità
per noi lettori gggiovani di poter apprezzare questo personaggio pur
non sapendo quanti peli ha sul pube. Le storie sono sperimentali, non
sono quindi scritte e disegnate con lo stile che contraddistingue gli
albi di Dylan Dog, per non parlare del fatto che sono una vetrina
fantastica per artisti incredibili.
Questo albo in particolare, il numero
sedici, uscito lo scorso 9 febbraio, mi ha decisamente colpito.
Questo è il terzo Color Fest che compro, quindi a rigore di logica
sono un assiduo lettore di questa testata e posso sentirmi colpito,
ecco.
La prima storia è scritta e disegnata
da Ausonia, un'artista che da buon wannabe non conoscevo affatto, ma
che grazie a Bonelli cercherò di approfondire.
Sir Bone –
Abiti su misura è a mani basse la mia storia preferita di questo
numero sedici, non solo grazie ai disegni e ai colori, ma soprattutto
per la sceneggiatura. Lo stile grottesco che entra in gioco fin dalle
prime tavole è sublime. Non so cosa darei per poter partorire storie
macabre come questa di Ausonia, sul serio non lo so.
Non è solo però una questione
d'orrore. Sir Bone è una storia profonda, che fa riflettere. Forse è
questa la ricetta per le buone storie: riuscire a coinvolgere il
lettore anche dopo la lettura.
È difficile indossare i propri abiti
tutti i giorni, ovviamente non parlo di una semplice giacca o di una
bella camicia. Dover essere se stessi tutti i giorni è un'ardua
impresa, ma è uno sporco lavoro che solo noi stessi possiamo
svolgere, quindi ci tocca coprire la nostra brutta pellaccia con
un'armatura invisibile, spesso putrida e malandata, e sopravvivere.
La seconda storia mi è sì piaciuta,
ma non quanto la prima, forse perché non sono riuscito a capirla
appieno. Forse delle tre è quella che mi è piaciuta meno,
ciononostante resta un'ottima storia.
Grick Grick è scritta, disegnata e
colorata da Marco Galli, e sempre perché io sono un tipo informato,
prima di leggere questa storia non avevo la ben che minima idea di
chi fosse.
La storia ha un tono più leggero di
Sir Bone, ma con l'avanzare delle tavole questa mia affermazione
verrà pian piano smentita, anche perché il demone protagonista
della storia inizia a inquietare e non poco.
Io vorrei davvero poter dire di più
sui disegni, mi piacerebbe un casino, ma non sono affatto nella
posizione di poter scrivere pipponi sulla scelta del colore o su la
fantomatica prospettiva. Posso dire che però ho preferito Sir Bone
anche per le inquadrature scelte da Ausonia, non sempre scontate,
mentre Grick Grick mi è sembrata un pochino più canonica per quanto
riguarda la “regia” delle tavole. Voglio puntualizzare che lo
dico da ignorantone, quello che so sull'inquadratura l'ho imparato da
qualche libro leggiucchiato e da blog di sceneggiatori generosi.
La terza e ultima storia invece è un
misto tra le prime due. Mi riferisco alla sperimentalità (non hoAka B e se sapessi disegnare bene almeno la metà di come fa lui,
sarei sul webbe con la mia pagina facebook a spammare storie a
fumetti, sicuramente non qui a far finta di saper scrivere.
trovato una parola migliore) e non ai contenuti. Quello che colpisce
a primo impatto sono sicuramente i disegni, parecchio diversi dalle
prime due storie. Sono sicuro che il wannabe medio avrà pensato
“guarda sta merda, mo vado a disegnarle anche io ste due
fregnacciate e finisco su Dylandogge”. NO. Ho amato i disegni di
Il
titolo è l'apoteosi della sintesi: Claustrophobia. Vorrei saper dire
di più, ma il titolo dice già tutto.
Il titolo e la scelta di tre storie è un vero e proprio colpo di classe, la cosiddetta ciliegina sulla torta.. Tre passi nel delirio è anche il titolo di un film a più mani del 1968, diretto da Louis Malle, Roger Vadim e da nientepopodimeno che Federico Fellini, suddiviso appunto in 3 episodi liberamente ispirati a racconti di Edgar Allan Poe. Insomma il massimo. Correte a comprarlo! (No, purtroppo la Bonelli non mi paga...).
Grazie per aver condiviso le tue opinioni a riguardo, mi hai fatto venir voglia di andare in fumetteria a prenderlo :)
RispondiEliminaContinua così!
Ciao Dana! Grazie mille per il commento! Mi fa piacere che ti sia venuta voglia di andarlo a comprare, lo trovi anche in edicola comunque.
EliminaNon ho mai guardato chi fossero gli autori di testi e disegni. Il vantaggio è di non esser prevenuti nella lettura, di contro non sono in grado di argomentare su nessun autore/disegnatore :D
RispondiEliminaSul Color Fest le 3 storie le ho trovate carine, anche se niente di eccezionale; per i disegni, mi è piaciuto molto lo stile della prima storie e non mi è piaciuto per niente quello della seconda.
I disegni della prima storia sono semplicemente fantastici. Anche io ho trovato la seconda non all'altezza della prima e della terza, ma è da considerarsi una sorta di intermezzo.
EliminaIo invece sono molto legato al nome degli autori, anche perché un giorno se riuscissi a pubblicare qualcosa per qualche personaggio mi piacerebbe molto che il lettore sapesse chi sono, ma questa è una mia fissazione :D